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41 anni
di attesa
Giustizia storica
Non riusciamo proprio
ad essere soddisfatti per la sentenza che avrebbe dovuto
rendere giustizia alla strage del 28 maggio 1974 di Piazza della Loggia. Sono
passati 41 anni da allora e ci chiediamo se in base a tutto l’iter
processuale, a volte dagli esiti grotteschi, possiamo pensare a cuore leggero
che finalmente sia stata fatta giustizia. Per la verità abbiamo avuto persino
difficoltà a ricostruire memonicamente tutti i passaggi, i personaggi
coinvolti, le ipotesi che si sono successe. La prima sentenza del 2 giugno
1979 condannò all’ergastolo Ermanno Buzzi e a dieci anni Angelino Papa
entrambi affiliati all’organizzazione di “Ordine Nuovo”. Due anni dopo Buzzi venne ucciso nel supercarcere di Novara da Tuti e
Concutelli – anche su quello c’è poca chiarezza - mentre Angelino Papa venne
assolto dalla corte d’Appello di Brescia. La Cassazione annullerà
la sentenza di appello e si andrà così ad un nuovo processo ad Angelino Papa,
il fratello ed altri attivisti. Questo, mentre il 23 marzo del 1984 il pm
Michele Besson e il giudice istruttore Gian Paolo Zorzi aprono la cosiddetta
“inchiesta bis”. Imputati i neofascisti Cesare Ferri, Sergio Latini e un
fotomodello Alessandro Stepanoff. Nel 1993 tutti gli imputati dell’inchiesta
bis saranno assolti. Il 16 novembre 2010 i giudici della Corte d’assise di
Brescia assolvono anche Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte,
Francesco Delfino e Pino Rauti per insufficienza di prove. Viene
revocata anche la misura cautelare nei confronti di Zorzi, che ora vive in
Giappone fa l’industriale e va e viene con l’Italia. La sentenza sarà
confermata della Corte d’Appello nel 2012. Il 21 febbraio 2014 la Cassazione ritiene
necessario un nuovo processo per accertare le responsabilità di Maurizio
Tramonte e Carlo Maria Maggi. Di tutto il gruppo dei neofascisti su cui si è
indagato con l’accusa di voler destabilizzare il
paese alla fine si sono avute queste due sole condanne. Il mandante Maggi,
oramai ha 80 anni e problemi di salute, Tramonte è un sessantenne più o meno
sconosciuto per lo meno se si pensa ai tanti nomi dell’estremismo nero che
sono comparsi nell’inchiesta. Inutile dire che tutti coloro che sono stati
coinvolti abbiano protestato la loro innocenza e come l’esito altalenante
delle sentenze, in qualche modo abbia lasciato più di un dubbio a loro favore
a riguardo. Così come del resto si dubita anche di coloro che sono stati
prosciolti dalle accuse. Il brodo era per tutti lo stesso.
Anche un dubbio su una teoria capace di imbarcare tanta acqua, come quella
della strage di Stato e dell’eversione nera, dovrebbe essere ammesso.
Comunque si guardi la vicenda dello stragismo in Italia degli anni ‘69, ‘70,
non si riesce ad avere una chiave di lettura storica convincente, e lo stesso
dispositivo giudiziario che l’ha accompagnata tutto questo tempo ed nei modi che conosciamo, ha profuso incertezza. Anche
per questo ci piacerebbe pensare come il giudice Guido Salvini che il doppio
ergastolo comminato a Maggi e Tramonte, sia il premio per un impegno, quello
della Procura di Brescia, che non è mai venuto meno. Se questo significa che
la giustizia non molla nemmeno quando arranca, si
tratta di un merito importante. Solo che subito Salvini accusa la Procura di Milano di non
aver mostrato la stessa tempra di Brescia, rendendo impossibile un giudizio
adeguato sulla strage di Piazza Fontana. Nelle procure abbiamo più storici
raffinati che magistrati.
Roma, 23 Luglio 2015
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